ANDREI ROITER
a cura di Gianluca Ranzi
Per Andrei Roiter fare arte significa trasformazione, viaggio, erranza, spostamento. L’opera d’arte diviene così il punto di confluenza e di partenza di più generi: pittura, scultura, installazione.
L’accumulazione di oggetti disparati, come nei due leggii mobili in mostra che trasportano grattacieli precari o capanne di fortuna, ha un sapore surreale e persino umoristico.
Parlare di humor di fronte a queste opere significa fare riferimento a una dimensione dello spirito e non all’effetto momentaneo di una battuta comica: lo humor è un momento di rivelazione e di straniamento, un antidoto, si direbbe un bendaggio come in alcune opere dell’artista, all’inquinamento della vita quotidiana.
Opere enigmatiche e cariche di energia compressa come Wired e Russian Boomerang, con le loro bende e le loro maniglie di trasporto, mostrano la ribellione creativa contro i lacci della logica. Roiter, partendo dalla situazione socio-politica più direttamente connessa con la sua biografia, - è nato a Mosca e oggi vive ad Amsterdam-, concepisce ogni lavoro, si tratti di sculture, assemblages o pittura, come una tappa di un viaggio che dal singolo si estende alla società.
L’arte si scopre perennemente in viaggio, come avviene con i leggii mobili, un’arte che non offre risposte ma dischiude possibilità, diramazioni e contaminazioni, sentieri e percorsi. Molte delle opere di Roiter sono provviste di una maniglia, si portano in viaggio, sono parte del fluire della vita, metafora dell’esplorazione del proprio io e delle sue forze istintuali, la violenza, la sopraffazione, l’amore, il desiderio.
L’umanità nel suo flusso di passaggio sono anche i libri che compaiono nelle opere, le tracce del passaggio, il battito cardiaco della sua presenza in relazione al senso del suo essere sulla terra, del suo essere per il mondo, in mostra così emblematicamente rappresentato da una grande scultura rivestita di metallo a forma di cuore, come un sommergibile che esplora le profondità dell’anima.
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